Un’ispezione di Giosuè Carducci al Liceo «Pellegrino Rossi»


di BRUNO CHERUBINI 

Un’ispezione di Giosuè Carducci al liceo «Pellegrino Rossi» di Massa

(un inedito carducciano) 

Del soggiorno di Giosuè Carducci a Massa si è perduta fra noi, in meno di un secolo, ogni memoria. Né valse a rinverdirla il breve accenno che ne fece il compianto Luigi Russo, allorché commemorò, nel palazzo dell’Amministrazione Provinciale, il cinquantenario della morte del Poeta1.

Scorrendo l’epistolario è facile invece accertare ch’Egli fu nella nostra città da domenica 10 a martedì. 19 giugno dell’anno 1877, per effettuare una visita ispettiva al Liceo Pellegrino Rossi, come da incarico avuto dal Ministero2.

Era partito da Bologna il 26 aprile e dopo essersi incontrato a Rovigo con Lidia — la donna che dal 1871 era divenuta la sua amante — aveva raggiunto prima Pistoia, poi Pisa, per ispezionare anche i Licei di quelle città. Arrivato a Massa nel primo pomeriggio di domenica 10 e preso alloggio all’albergo «il Giappone», in piazza Aranci, subito si era recato a Valdicastello per visitare la casa natale. All’indomani, infatti, riferiva della sua gita a Lidia e si lamentava di soffrire tanto caldo: «Rinunzio a descriverti quel che ho sofferto in questi giorni. È un crescendo di calore infernale. Ora mi liquefaccio ai pie’ dei dolci monti Apuani». Ciò che giustifica, almeno in parte, ch’egli fosse di umor così nero da non esitare a rivolgere alla donna amata le pesanti ed aspre parale con le quali chiude la sua lettera3.

L’ispezione al Liceo ebbe inizio il giorno 11 e proseguì a ritmo piuttosto intenso nei giorni susseguenti. Accompagnava il Carducci, con l’incarico di provvedere ad ispezionare i professori delle materie scientifiche, il Prof. Francesco Rossetti: questi, però, avrebbe ultimato il suo compito venerdì 15 e sarebbe rientrato subito a Roma; il Poeta, invece, si sarebbe trattenuto qualche giorno di più dovendo sottoporre ad ispezione anche gli insegnanti del Ginnasio. Non ha voglia di rimaner solo e così in data 14 scrive all’amico Chiarini — allora Preside del Liceo di Livorno — invitandolo a raggiungerlo a Massa sabato 16: «Avvisami — dice — o fatti condurre al Giappone. Non mancare; se no, domenica sono disperato e muoio di noia»4 .

Il giorno 15 in una lettera a Lidia scritta « in grandissima fretta e senza libertà» perché ha dinnanzi il collega d’ispezione e non si sente, perciò, «franco di scrivere all’amica», egli descrive brevemente la nostra piazza Aranci: «Sai ancora — così si esprime - che in Massa c’è una piazza tutta circondata di doppi filari d’aranci? Sai che questi filari li ha visti mia madre quand’era giovine sposa e che ora li guardo io dalla finestra dell’Albergo ? Li guardo: cioè, guardo i vecchi alberi verdi, ma gli aranci non ci sono ora. Ritorneranno. Ma mia madre non ritornerà, e io non ritornerò più giovane»5.

Il Chiarini non fece cadere l’invito: arrivò a Massa nel pomeriggio di sabato 16 e stette in compagnia dell’amico fino alla sera di domenica. Egli stesso ne fa cenno nelle sue «Memorie». Scrive infatti: «... la mattina di poi di buon’ora partimmo con una carrozzella alla volta di Serravezza. Il tempo era bellissimo. Uno splendido sole di giugno empiva di luce, di movimento, di vita la lussureggiante vegetazione della campagna fresca e odorata dei vapori notturni, discioltisi allora al raggio del sole»6.

Il Carducci riferì a sua volta ampiamente sulla gita al paese natale alla moglie Elvira e a Lidia nelle due note lettere che tanto interesse hanno da un punto di vista biografico, anche se in esse il nonno paterno del Poeta, Giuseppe, «compagno di stravizi» del fivizzanese Giovanni Fantoni — in Arcadia Labindo — è rappresentato in termini davvero poco edificanti7.

Nel pomeriggio del 19 Giosuè Carducci partì da Massa, diretto ad Arezzo.

All’attenzione degli amanti di storia locale, tutta appuntata sempre e soltanto sul Poeta delle Myricae che al «Pellegrino Rossi» insegnò Latino e Greco nel triennio 1884-87, è sempre sfuggito che nello stesso registro, dove in calce ad un verbale è la firma autografa di G. Pascoli, è contenuto il verbale della seduta conclusiva che Giosuè Carducci — anzi, come è scritto, il Commendator Carducci — tenne alle ore 14 del 19 giugno, presenti il Capo d’istituto e tutti gli insegnanti, per dar loro lettura, secondo le norme allora in uso, della relazione da lui stesa sui risultati della visita ispettiva, e per ascoltare le eventuali osservazioni di ciascuno dei presenti8. In calce al verbale è annotato con altra grafia che la relazione stessa era stata allegata agli Atti dell’Istituto. Ma ogni ricerca nell’Archivio del Liceo per rintracciare il prezioso autografo è riuscita vana. Nel corso, però, di una indagine presso il locale Archivio di Stato, in una busta degli Atti del Provveditorato agli Studi ho avuto la fortuna di trovare una copia della relazione autenticata dal Preside del Liceo e da questi inviata al Prefetto che gliene aveva fatto richiesta9.

Era accaduto infatti che alla fine di novembre di quello stesso anno 1877 il Ministro della Pubblica Istruzione, scrivendo al Prefetto di Massa per informarlo sull’esito dell’ispezione al Pellegrino Rossi, lo aveva invitato a farsi trasmettere dal Preside la copia della relazione, affinché, presane diretta visione «con prudente vigilanza osservasse che le esortazioni ivi contenute fossero rispettate»10.

Il Ministro, esaurito rapidamente l’esame della parte della relazione attinente all’andamento didattico, in quanto — annotava — «nulla v’è da aggiungere alle parole degli Ispettori, se non la fiducia, vederle secondate dal buon volere e dalle premure affettuose se non meno che energiche del Preside e dei Professori», calcava la mano, invece, sul dissidio che notoriamente da tempo correva fra un gruppo d’insegnanti e il Capo d’istituto: dissidio la cui origine era da ricercarsi nella diversità dei criteri che l’uno e gli altri erano usi adottare nei confronti degli alunni poco volenterosi e poco disciplinati. «Se a tali mali che affliggono il Liceo — si legge nella ministeriale — si aggiunge il dissidio, conosciuto anche fuori, fra il Preside e certi professori appunto perché indicati il primo come propenso all’indulgenza e i secondi siccome troppo rigorosi, ben si comprende il malessere molteplice ond’è travagliato l’Istituto». Il Ministro concludeva affermando di voler «cessata questa condizione di cose, la quale è indecorosa per loro (cioè per il Preside e per i Professori) e funesta per l’Istituto. Un Ginnasio che conta 32 alunni, un Liceo che ne novera 24, non devono porgere veruna difficoltà ad un vigoroso assetto disciplinare, il quale, a sua volta, ha tanta parte sulla efficacia degli studi, sull’operosità e sul profitto dei giovani».

Per un Prefetto intransigente qual era l’Agnetta tale lettera era più che sufficiente a giustificare il suo energico intervento11. D’altra parte bisogna riconoscere che il cennato dissidio veramente esisteva; anzi, aveva dato occasione alle Autorità scolastiche d’intervenire con richiami anche pesanti, specialmente dopo che nell’aprile del 1876 si era tolto la vita il figlio di un colonnello in pensione, il giovinetto Costantino Groppallo, alunno della classe V ginnasiale, e la pubblica opinione aveva voluto attribuire la colpa dell’insano gesto all’eccessiva severità usata nei suoi confronti da alcuni insegnanti12.

E dunque per un felice concorso di circostanze che oggi, a distanza di 90 anni da quando fu redatta, noi possiamo leggere questa relazione del Carducci che si aggiunge alle altre due consimili già note: quella, cioè, sul Liceo di Senigallia e l’altra, dello stesso anno 1877, sugli esami di Licenza liceale, a Perugia, per i quali egli era stato nominato Commissario governativo13.

Ne pubblichiamo il testo integrale in appendice, limitandoci qui solo a richiamare l’attenzione dei lettori — specialmente se insegnanti — sul suo sapore di attualità. In un momento, infatti, in cui la Scuola di ogni ordine e grado sta rinnovandosi nei programmi e nei criteri didattici, le finalità che il Carducci assegna all’insegnamento dell’Italiano, anzi, le finalità dello stesso insegnamento liceale nel suo complesso ben potrebbero costituire la premessa ai programmi della Scuola secondaria di 2° grado.

Il verbale della riunione degli Insegnanti del Liceo, trasmesso in copia agli Ispettori mentre questi si trovavano ad Arezzo14 offre pure qualche motivo d’interesse, soprattutto per l’animata replica del Prof. Danelli alle osservazioni mossegli dal Carducci sui criteri didattici seguiti e, di conseguenza, sui libri di testo adottati: Le Gemme straniere del Maffei, la Storia letteraria del Settembrini e i Nuovi saggi critici del De Sanctis. Quando toccò a lui la parola, il Danelli replicò con energia ai rilievi che, del resto con molta benevolenza, gli erano stati fatti. A proposito delle Gemme straniere, egli fece presente che il Ministero, in occasione della riforma dei programmi, aveva chiesto agli insegnanti se conoscessero le letterature straniere e se ne dessero qualche informazione agli alunni, e si dolse, quindi, di essere stato richiamato dal Carducci su di un argomento per il quale pensava di meritar lode. Quanto poi alla propria predilezione per i nuovi indirizzi estetici, osservò che nei Licei di Monteleone e de L’Aquila, dov’egli aveva insegnato prima del suo trasferimento a Massa, era stato sollecitato a tener lezioni di storia letteraria e di estetica; anzi, affermò addirittura che si era sentito chiamare «linguaiolo e pedante» proprio perché aveva persistito nell’usare quel manuale dell’Ambrosoli che l’ispettore ora invece gli consigliava.

Il Danelli ringraziava poi l’Ispettore per averlo qualificato insegnante di estesa cultura e dichiarava di accettarne i suggerimenti, anche fino al punto di adottare di nuovo il manuale dell’Ambrosoli. Faceva però rispettosamente osservare che gli sarebbe rincresciuto che in seguito un altro Ispettore, di opinioni letterarie diverse da quelle del Comm. Carducci, lo esortasse, come gli era accaduto in Calabria ed in Abruzzo, ad elevare un poco più il suo insegnamento e gli fosse nuovamente richiesta dalle potestà scolastiche e dagli alunni la storia della patria letteratura secondo gli ultimi studi critici.

Era come dare al Carducci del retrivo: il Poeta, però, seppe contenere in termini molto pacati e benevoli la propria risposta, dichiarandosi consapevole del desiderio di molti che l’insegnamento dell’Italiano fosse impartito nel modo seguito dal Danelli, ma confermando esser sua ferma opinione che nei Licei fosse necessario, sopra ogni altra cosa, insistere nell’interpretazione dei Classici.

Fra gl’insegnanti del Liceo di Massa la visita ispettiva non avrebbe avuto spiacevoli ripercussioni, se, a distanza di sei mesi, la sopra ricordata lettera del Ministero non avesse provocato l’intervento assai severo del Prefetto Agnetta e, di conseguenza, l’avvio ad un vivace scambio epistolare fra questi e il Capo d’istituto. Forse deve ricercarsi proprio in ciò la causa dell’incidente verificatosi in occasione del ricevimento di Capodanno del 1878 in Prefettura, nel corso del quale la massima Autorità della Provincia si rivolse agli Insegnanti con tanto malgarbo da provocare il risentimento di tutti, ma in modo particolare del professore di filosofia, l’ex frate cappuccino G.A. Matteoni15.

Il Prof. Danelli tenne conto delle osservazioni mossegli dall’Ispettore e per l’anno scolastico 1877-1878 rinunciò ad adottare i libri di testo dell’anno innanzi: fece cadere la scelta sulla Storia letteraria del lucchese Luigi Fornaciari, ma non accettò il consiglio di ritornare all’uso del manuale dell’Ambrosoli ch’egli aveva giudicato, e non proprio a torto, sorpassato16.

L’amministrazione comunale, a capo della quale era Ferdinando Compagni, sollecitata dal Prefetto, promise di assegnare al Liceo locali più idonei; ma fu vana promessa17. Per molti anni ancora, prima che venisse concesso l’uso del piano superiore del vecchio edificio, dove fino a pochi anni or sono funzionò l’Istituto Magistrale, il Ginnasio Liceo, nonostante i reiterati esposti diretti dal Consiglio dei professori all’autorità prefettizia e municipale, rimane confinato nelle buie ed umide aule del piano terreno dell’ex convento dei Gesuiti, in via Palestro18. Ancora nel 1880 un insegnante giunto dalla Calabria, alla prima convocazione del Collegio dei professori si sentiva in dovere «di porgere le sue condoglianze ai colleghi che hanno per tanto tempo insegnato in un locale così desolante. Un uomo di cuore — continuava — non arriverà mai a comprendere come in una Città, nella quale si sta ora erigendo un suntuoso palco per i mimi (il Teatro Guglielmi), non si sia mai potuto offrire alla gioventù studiosa un locale che soddisfi alle prime esigenze della civiltà e dell’igiene»19.

Dovevano passare oltre cinquant’anni prima che il Liceo «P. Rossi» potesse avere la sua decorosa sede nel nuovo palazzo lungo l’Aurelia, di recente rinnovato ed ampliato per armonizzarlo con il miracoloso sviluppo edilizio che Massa ha avuto in questi ultimi venti anni.

 

1 Cf. Onoranze a Carducci nel 50° della sua morte, a cura del Comune di Pietrasanta. Tip. Barbieri-Noccioli, Empoli 1958, pp. 11-12.

2 Le lettere che il Carducci scrisse da Massa sono pubblicate nell’XI volume dell’Ed. Nazionale-Zanichelli, Bologna e sono contrassegnate con i numeri dal 2171 al 2177. Massa è ricordata anche nelle lettere n. 2138, 2167, 2168, 2170. Si ricordi che anche la «Nota» apposta alla 1° edizione delle Odi Barbare è datata: Massa lunense 13 giugno 1877.

3 Lettera n. 2171, a Lidia.

4 Lettera n. 2173.

5 Lettera n. 2175.

6 Cf. Giuseppe Chiarivi: Memorie deliavita di G. Carducci. Firenze, Barbera 1903, p. 200.

7 Lettere n. 2176 (alla moglie Elvira) e n. 2177 (a Lidia).

8 Archivio Liceo P. Rossi: Registro dei Verbali del Consiglio dei Professori (1876-1888), alla data.

9 Archivio di Stato, Massa: Atti del provveditorato agli Studi, Busta n. 54, fascicolo n. 168, pratica del 4-12- 1877.

10 Idem: Lettera ministeriale del 29-11-1877, n. 17118.

11 Sul Prefetto Agnetta Cf. R. Mori: La lotta sociale in Lunigiana (1859-1917) Firenze, Le Monnier, 1958, passim.

12 Le divergenze fra il Capo d’istituto Prof. Don Giovanni Beduschi da un lato e i Proff. Agnoioni, Giambelli e Porchiesi dall’altro, dettero occasione al Consiglio Provinciale Scolastico di intervenire più volte. Cf. Archivio Stato Massa, busta n. 54, lettere prefettizie del 5/6, 31/, 8/8 e 9/12 1877.

Per il suicidio del Groppallo Cf. busta n. 53, lettere varie del maggio-giugno 1876, (in particolare, il rapporto dei carabinieri al Prefetto in data 15-5-1876) e la relazione del Preside al Ministero, in data 26-6 prot. n. 29. Nel rapporto dei carabinieri il Corpo insegnante è assolutamente scagionato da ogni colpa.

13 Entrambe pubblicate nel voi. XXVII dell’Edizione nazionale.

14 Protocollo Liceo: lettera di trasmissione del 22-6-1877, n. 51. 

15 È lo stesso Matteoni autore della nota Guida delle Chiese di Massa Lunense. Massa, Tiip. S. Pietro 1879.

16 Cf. Il R. Liceo P. Rossi - Annuario dell’anno 1877-78. Massa, Frediani 1879.

17 A.S. Massa Busta c. Lettera del 4-12-1877.

18 Archivio Liceo Registro verbali c. Verbale del 4-11-1878.

19 Idem, alla data 28-10-1880. 

 

TESTO DELLA RELAZIONE

Secondo le istruzioni che noi ricevemmo dell’On. Ministro dell’Istruzione Pubblica quando ci commise l’ufficio di visitare alcuni Licei del Regno, noi dobbiamo, compiuta ‘l’ispezione di un Liceo, rivolgere ai Professori quei conforti e quei consigli che ci paiono necessari, come scrive l’On. Ministro, a raffermare le pratiche buone, svellere le cattive, invigorire le inefficaci.

Di cattivo, a dir vero, in questo Liceo Pellegrino Rossi non v’è altro che l’edifizio, e particolamente le stanze scolastiche. Riferendone al Sig. Ministro noi avremo anzitutto a lodare la buona voglia, la pazienza e l’industria con le quali il Sig. Preside e i Sigg. Professori hanno saputo attenuare, o scemare, o vincere, quanto era possibile, le pessime condizioni del luogo. Avremo a lodare di poi la esattezza con la quale sono tenuti i Registri delle materie svolte, le note del profitto degli alunni delle assenze purtroppo non infrequenti. Del resto la disciplina è buona e gli alunni ci parvero in generale docili e urbani. Varia il profitto nelle diverse materie e nelle classi diverse: tutt’insieme nella seconda appare scarso: bene promettente per contro è la Classe la: buona ed in alcune parti ottima la 3a.

Ed ora preghiamo i Sigg. Professori ad accogliere di buon grado, come solamente suggeritoci dall’amore che abbiamo in comune con loro alla scienza e agli interessi dell’istruzione e della gioventù, le osservazioni e le esortazioni che siamo per fare.

Prof. Matteoni - Il Professore ha bene inteso, a parer nostro, i limiti e l’oggetto dello insegnamento filosofico liceale: opportunamente e acconciamente svolta la materia per i tre anni; ordinata, propria, piana chiarissima l’esposizione: tantoché il profitto degli alunni è notevole in tutte le classi, anche nella 2°, generalmente inferiore alle altre e per la quale la materia filosofica quest’anno fu doppia. E molto lodevole nel Professore anche il suo proposito di astenersi da ogni controversia polemica circa le questioni superiori che agitano e dividono oggi come sempre i filosofanti: procacci che se ne astengano anche gli alunni nei temi scritti: i giovinetti non devono avvezzarsi a giudicare recisamente e con passione nelle questioni che non possono aversi appropriate che con lungo studio.

Prof. Agnoloni — Non tutti gli alunni rispondono egualmente alle cure del Professore di Storia Dr Agnoloni: e la colpa non è certamente del Professore, molto colto e pieno di buon volere, ma piuttosto del difetto di mental disciplina in parecchi dei discenti, massimamente della seconda classe: la 1° in questa parte dell’insegnamento dà miglior prova delle altre. Il Professore vedrà egli stesso per l’avvenire se sia il caso di rafforzare un po’ più il suo metodo, ordinando e distribuendo in gruppi più serrati il racconto dei fatti, ed esigendo dagli alunni maggior attenzione alla cronologia ed alla geografia.

Il Prof. Danelli pieno anch’esso di ottima volontà, e tutto amore per gli studi critici, e con estesa cultura letteraria, allarga, a parer nostro, i limiti dell’insegnamento delle Lettere italiane più che non importi, almeno in certe condizioni di luoghi, e d’ingegni, e di preparazione, l’oggetto immediato della istruzione liceale. Il Liceo propriamente non ha da produrre né filologi né critici né letterati: ha da produrre giovani che nello studio delle lettere classiche e nazionali abbiano disciplinate le facoltà del ragionare e del sentire, che ne abbiano attinto il rispetto e ‘l’adeguata estimazione delle alte rappresentazioni del vero e del bello, e ne riportino l’abitudine di parlare e scrivere correttamente secondo le diverse professioni gli esercizi e gli offici ai quali ‘saranno chiamati nella vita.

È bene che il Professore d’italiano accenni anche agli scrittori insignii di altre Nazioni: ma insistere per una specie di comparazione anche con scrittori meno noti e troppo lontani, quando i discenti non possiedono né gli elementi né gli strumenti della comparazione, né hanno, il tempo per seguirla sulle opere, non ci pare utile, o ci pare meno utile delle altre cose. E pericoloso poi dinnanzi a giovinetti che non hanno nemmeno ì principi dello studio dei fatti e dei particolari compiacerli nei giudicati di un’estetica, che troppo astrae, e troppo trascura il vero storico. L’oggetto a cui più specialmente avrebbe a mirare, a parer nostro, l’insegnamento liceale di Lettere italiane è lo studio amoroso e continuo della lingua nazionale nelle più belle e perfette opere degli Scrittori, dappoiché fino ad oggi il popolo italiano è quello fra i popoli d’Europa che più ignora e peggio scrive la sua lingua, e di questa ignoranza non ha nemmeno la consapevolezza. Ora il Prof Danelli merita lode dell'esercitare che fa i giovani a comporre, e del leggere con malto avvedimento gli argomenti delle composizioni; ma sì nelle revisioni di queste, come nella lettura dei Classici (e gli raccomandiamo molto specialmente i Prosatori) Egli per avventura potrebbe ed esigere di più dagli alunni, e fermarli con insistenza anche maggiore su le proprietà, e le forme native della lingua, e su gli atteggiamenti dei diversi stili. Anche ci parrebbe utile che per l’insegnamento dei fatti principali della Storia letteraria Egli adottasse e imponesse agli alunni un testo. Nei Licei di Pistoia e di Pisa noi vedemmo ultimamente i Professori d’italiano avere ottenuto ottimi effetti e da compiacersene con un libro modesto, ma esatto e piano, il Manuale dell’Ambrosoli; l’Egregio Professore per altro eleggerà quel che gli parrà meglio, pur che volesse persuadersi a diffidare, almeno per l’insegnamento secondario, dei libri di estetica soggettiva.

Il Prof. Giambelli intende ottimamente, a parer nostro, come s’abbia a insegnare il greco nel Liceo: della linguistica tanto che basti ad accertare la grammatica razionalmente e fortemente insegnata: poi leggere e tradurre molto, ricercando con l’analisi ogni forma della parola, ogni accidente della sintassi. Così ha ottenuto che gli alunni traducano francamente, e quasi con sicurezza, da Omero e da Platone, oltre che da Senofonte. Ce ne congratuliamo con lui. Quanto al latino, Egli non ottiene, ci pare, gli stessi effetti che nel greco. Gli esercizi scritti degli alunni di 1° e di 3° classe sono comparativamente buoni; ma. gli alunni della 2°, che pur traducono più che passabilmente dà Omero, dovrebbero tradurre un pò meglio da Orazio: e anche quelli della 3° potrebbero essere un po’ più franchi e corretti nella versione di Tullio. Se questa differenza fra il profitto nel greco e nel latino esiste veramente quale apparì a noi dagli esercizi orali, il Professore vorrà e saprà, ne andiamo sicuri, provvedere col suo zelo.

Il Prof. Mautino è già provetto nell’insegnamento e certo conosce il modo di renderlo efficace. Veramente le risposte date dagli alunni alle varie dimande di Storia naturale e di Geografia fisica non furono sempre pronte ed esatte: ma di ciò non vogliamo far colpa all’Egregio Professore, bensì ai discepoli, molti dei quali ci parvero freddi anzi che no nello studio di questa scienza. Vegga il Professore se gli riesce di animarli un po’ di più, sia coll’attenersi strettamente ai libri di testo, sia col fare il maggiore uso possibile del materiale didattico di cui dispone, e che certo avrebbe bisogno di essere aumentato.

Del Prof. Soncini dobbiamo lodare la buona volontà e la diligenza che adopera nell’insegnamento della fisica e della chimica. I giovani dimostrarono di aver profittato sufficientemente delle lui lezioni; meglio quelli della 3a classe, non bene quelli della 2a. Forse gioverebbe un riassunto fatto dal Professore in capo a ogni lezione in modo conciso, riassunto che dovrebbe essere ripetuto dagli alunni, i quali si abitueranno così a esporre con ordine la materia senza il bisogno ‘di continue interrogazioni e rettifiche da parte del Docente.

Al Prof. Porchesi, quantunque quasi nuovo nella istruzione, siamo lieti di poterci ‘dichiarare pienamente soddisfatti per il zelante amore col quale impartisce ‘l’insegnamento della matematica. Le sue lezioni ci parvero chiare, ordinate, precise: assai ne approfittarono gli alunni della 3a classe, sufficientemente quelli della 1°, e più di quanto ci aspettavamo quelli della seconda. Buona è la scelta per gli esercizi in iscritto di Algebra e di Geometria; massima l’accuratezza nel correggerli. Di pari proficuo ci parve l’insegnamento dell’Aritmetica ragionata da lui dato agli scolari della IV e V ginnasiale. Vegga il Professore se questa materia non fosse per riuscire più agevole e meno arida per gli scolari valendosi del libro di testo di Aureliano Faifofer: dello stesso Autore vi è pure il trattato d’Algebra che anche fu adottata con vantaggio in parecchi Licei.

Ed ora altro non ci resta se non esortare i Sigg. Professori a voler, pur continuando nel loro lodevole zelo, distribuire ciascun d’essi il lavoro della materia che insegna in proporzioni eque, di guisa che non vi sia disquilibrio a vantaggio più d’ una materia che di un’altra. Ancora: i Sigg. Professori sanno da sé senza bisogno di suggerimenti e consigli da parte nostra che non bisogna abbandonare troppo subitamente a se stessi quegli alunni che pur mostrano minime attitudini e preparazione e anche minor buona voglia: sanno che pur restando equamente severo, l’Insegnante non deve restare dall'incoraggiare, come creda meglio, quei discenti che mostrino qualche segno di miglioramento e qualche indizio d’ingegno. Proseguano tutti, del resto, nel compimento del nobile ufficio con quell’amore della scienza e quel sentimento del dovere dei quali hanno dato prove fin qui can eguaglianza ed unità di animo, di intenti, e di modi. Di che non dubitiamo, affidati anche nella intelligenza e nella solerte esperienza dell’egregio Sig. Preside, la cui opera giovò pur tanto a questo Liceo».

F.to Giosuè Carducci

Francesco Rossetti

Massa Lunense, 18 Giugno 1877

Conforme all’originale

Il Preside

Giovanni Beduschi