Noterelle sul fondo antico della Biblioteca IIS Rossi
di Luisa Passeggia
Addentrarsi in un fondo di libri antichi è come fare un lungo passo indietro nel tempo.
Quando, nel lontano 1992, approdai al “Pellegrino Rossi”, allora giovane docente di storia dell’arte, rimasi subito affascinata dalla straordinaria ricchezza di questa biblioteca, il cui percorso secolare riflette appieno la stratificazione culturale della città.
Le biblioteche parlano: ci dicono dei gusti, della personalità, delle abitudini, del carattere di chi le possiede o di quanti hanno contribuito alla loro crescita. Noi viviamo dei libri e i libri vivono in noi. La biblioteca di una scuola è una sorta di palinsesto del sapere, che si è stratificato nel corso del tempo. Proprio come nel nostro caso.
In effetti se è solo in un passato relativamente recente che la trasmissione della conoscenza attraverso lo studio e la lettura dei testi si è trasformata da privilegio per pochi in un diritto per tutti, non si può dimenticare come la volontà di offrire una istruzione pubblica a Massa sia stata una delle esigenze che i governi locali hanno cercato sempre di soddisfare. Almeno a partire dagli inizi del Cinquecento, come attestano gli studi ancora oggi fondamentali di Stefano Giampaoli; e che si è poi concretizzata nell’istituzione del Regio Liceo, uno dei primi licei classici post-unitari del nuovo Regno d’Italia.
Strumento base per l’attività didattica, la nostra biblioteca si è andata, dunque, organicamente ampliando nel corso del tempo: prima assumendo quella appartenuta all’ordine dei Gesuiti, la congregazione religiosa cui era stata affidata la pubblica istruzione a Massa durante il governo austro estense. Poi estendendosi con regolari acquisizioni effettuate nel corso dell’Ottocento, testimoniate da testi e riviste che avevano lo scopo di aggiornare costante- mente docenti e studenti nel complesso compito della formazione classica.
Un patrimonio che venne ulteriormente ad arricchirsi quando, nel 1904, il Provveditore agli Studi di Massa e Carrara, Angelo Solerti, stipulò una convenzione secondo la quale, leggo testualmente, “Nell’intendimento di istituire nella città di Massa, che ne difetta totalmente, una biblioteca pubblica” venissero a confluire, in un unico organismo, i due più importanti fondi librari cittadini: quello del liceo, appunto, e quello dell’Accademia dei Rinnovati.
Istituzione, quest’ultima, che affonda le proprie radici nel Secolo della Ragione, quando, sulla spinta dei dettami illuministi, in ogni parte d’Italia, sorsero strutture analoghe, tutte accomunate dal medesimo obiettivo: lo sviluppo della cultura e del sapere.
Fondata, infatti, nel 1733, come “Accademia dogmatica e istorico critica dei Derelitti”1, dopo un’esistenza travagliata in epoca napoleonica, nel 1816 si trasformò in “Reale Accademia dei Rinnovati di Massa” ed ancora oggi anima, attraverso la generosa attività dei suoi soci, la vita culturale cittadina.
Nel 1952, quando l’amministrazione comunale deliberò la costituzione di una nuova biblioteca civica, le due raccolte librarie vennero separate: quella dell’Accademia dei Rinnovati confluì come fondo ben distinto in quello della biblioteca cittadina, quella del liceo venne riordinata all’interno dei suoi stessi ambienti.
Consapevoli della preziosa ricchezza di questo patrimonio straordinario, i presidi e i docenti che, dal Novecento ad oggi, si sono avvicendati all’interno della scuola, hanno sempre cercato di valorizzare il fondo con attività di consultazione e classificazione e che, come si è già fatto cenno, durante la dirigenza del Preside Bertucci, si è tradotta, nel 2005, nella catalogazione informatizzata dell’intero fondo, costituito da oltre 9000 volumi editi tra XVI e XIX secolo.
Operazione che ne ha consentito anche l’inserimento nella RE.PRO.BI, la Rete Provinciale delle Biblioteche, e quindi la possibilità di consultarne telematicamente il catalogo.
Gli alunni, che del liceo sono per loro stessa natura il tessuto connettivo, hanno contribuito costantemente alla vita e alla valorizzazione della biblioteca.
Magari, come ricordano ancora vecchi ex allievi, andando ad aiutare i docenti, negli anni difficili del dopoguerra, a risistemare e a riclassificare i testi, in una attività che sembrava non avere mai fine.
Oppure avviando, più recentemente, un intenso scambio con l’Università di Pisa, che ha riportato l’attenzione, attraverso lo studio di Tessa Nardini, una nostra ex alunna, su di una importante quanto rara collezione di riviste d’arte del Ventennio.
O, ancora, attivando, nel presente anno scolastico, una convenzione tra il Liceo e la Scuola Normale Superiore di Pisa che ha allo studio la digitalizzazione del Fondo Librario per promuovere un programma di attività mirato a sviluppare una maggiore utilizzazione, sia in ambito locale che nazionale, di tale patrimonio.
Tappa transitoria di un percorso formativo che ha come obiettivo quello di valorizzare e rendere fruibile il fondo all’intera comunità attraverso una mirata attività didattica che vede l’attiva compartecipazione di studenti, docenti ed enti pubblici. Infatti il progetto è stato reso possibile grazie non solo alla sinergia creatasi tra Liceo, Comune, Provincia e Regione, ma anche per il prezioso contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara che si è generosamente impegnata nel donare alla scuola le sofistiche attrezzature fotografiche senza le quali l’intera attività non potrebbe essere realizzata.
D’altra parte, eterogeneità e vastità del materiale sono tali da permettere la realizzazione di esposizioni e attività di ricerca periodiche: ora evidenziando i contenuti che spaziano dall’ambito religioso a quello storico, linguistico, letterario, filosofico e scientifico. Ora analizzando i testi da un punto di vista più squisitamente storico-artistico, sottolineando, accanto alla raffinatezza delle immagini che decorano i frontespizi, anche tutto ciò che sta dietro l’immagine, dalla tecnica esecutiva al significato iconologico.
Ricordando anche, scherzosamente, prima di concludere, come l’attrazione sensoria legata all’esperienza tattile dei libri avesse già indotto i Medici ad incatenare i magnifici volumina ai plutei della Laurenziana, forse perché il piacere di respirarli, osservarli e toccarli è antico almeno quanto la scrittura. E con la speranza, infine, di offrire comunque un suggestivo quanto intenso viaggio nel nostro passato.