La biblioteca del Liceo Rossi


La biblioteca del Liceo Classico Pellegrino Rossi offre al visitatore, virtuale e reale, la possibilità di compiere un viaggio attraverso le radici del nostro territorio. Essa infatti raccoglie una collezione di testi a stampa, suddivisi tra il Fondo Antico (XVI-XIX secolo) e Fondo Moderno che continua ad accrescersi ancora oggi: il contenuto delle pubblicazioni spazia dagli argomenti di ambito scientifico a quelli di carattere umanistico, in pieno accordo con la natura degli interessi stessi coltivati all’interno della scuola.

La conservazione e la tutela del patrimonio librario del Fondo Antico è oggi affidata alla digitalizzazione, avviata a partire dal 2009, da sempre svolta con il contributo degli studenti guidati, di volta in volta, da docenti interni e esperti esterni. Attraverso l’uso di questa tecnologia innovativa è stato possibile mettere a disposizione di un più vasto pubblico la lettura di testi che diversamente non avrebbero mai potuto essere, seppur virtualmente, “sfogliati".

Fondo Antico

La biblioteca antica del Liceo, che ammonta ad un patrimonio di oltre 9.000 volumi a stampa, editi tra il XVI e il XIX secolo, presenta una storia poliedrica e complessa. Essa ha infatti origine da:

  • Biblioteca Ducale, patrocinata da Alberico I Cybo Malaspina, sovrano di Massa e Carrara dal 1553 al 1623.
  • Accademia dei Rinnovati, istituzione culturale locale sorta nel XVIII secolo con il termine di Accademia dei Derelitti.
  • Biblioteca dell‘Accademia Pubblica dei Padri Gesuiti composta da 8000 testi, di natura prevalentemente religiosa.

Da un lato, infatti, per cercare le tracce della nostra biblioteca scolastica, occorre risalire perlomeno al 1844, quando l’educazione pubblica a Massa venne affidata ai Padri Gesuiti, i primi ad organizzare una vera e propria biblioteca, composta da 8000 testi, di natura prevalentemente religiosa. Dall’altro, però, non si può fare a meno di notare come nel fondo attuale siano afferiti volumi provenienti non solo dall’Accademia dei Rinnovati, istituzione culturale locale sorta nel XVIII secolo con il termine di Accademia dei Derelitti che, nel secolo successivo, assunse la dizione attuale, ma anche dall’antica biblioteca ducale, come testimonia il volume di Epistole di Paolo Manuzio, stampato a Venezia nel 1560 e dedicato dall’autore ad Alberico I Cybo Malaspina, sovrano di Massa e Carrara dal 1553 al 1623. La scarsa attenzione prestata, nel corso del tempo, da parte della famiglia ducale alla propria biblioteca, salvo alcune sporadiche presenze, come il cardinale Alderano che, nel corso del Seicento, portò ad una notevole implementazione del fondo o la duchessa Ricciarda che, nel secolo successivo, favorì la circolazione dei testi tra gli accademici, fu all’origine della dispersione della biblioteca, alcuni esemplari dei quali finirono evidentemente con l’unirsi nel fondo dell’Accademia dei Rinnovati. Quando perciò, nel 1859, con i beni confiscati, i Gesuiti abbandonarono la città lasciando il loro ingente patrimonio librario, sia il neonato Liceo Classico che l’Accademia dei Rinnovati tesero ad appropriarsene.

Così, se il 2 dicembre 1861 l’Amministrazione dei beni ex-gesuitici accordava l’uso dei libri all’Accademia, il primo maggio 1862 il Ministero delle Finanze dava l’intero patrimonio librario alla scuola. Una contesa tra le due istituzioni che neppure la successiva decisione del Ministero della Pubblica Istruzione di lasciarne l’uso all’Accademia all’interno dei locali della scuola riuscì, di fatto, a sanare. Il risultato fu che, alla fine del 1899, la libreria ex gesuitica giaceva ancora nei locali della scuola, senza catalogo e senza collocazione. E se, già nel 1900, Luigi Staffetti auspicava la risoluzione del contenzioso nella nascita di una biblioteca scolastica pubblica, fu solo con l’impegno di Angelo Solerti, provveditore agli studi di Massa Carrara che, il 28 dicembre 1904, venne finalmente realizzata una convenzione tra Ministero della Pubblica Istruzione, Accademia e Comune per l’istituzione di una biblioteca che, pur garantendo la proprietà alle singole istituzioni, fosse alloggiata nei locali del palazzo della Prefettura. Condizione che rimase invariata fino al 1952, quando, con l’istituzione della biblioteca civica, si assistette alla separazione dei fondi, avviando, così, il percorso della situazione attuale.